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lunedì 13 agosto 2018

La sonda Parker Solar Probe è partita per il Sole

Secondo il mito greco, insieme a suo padre Dedalo, Icaro fu il primo uomo in grado di volare. Sapeva che le sue ali fatte di cera e piume erano molto fragili, eppure, trasportato dall’euforia, si avvicinò troppo al Sole. A causa dell’eccessivo calore le ali si sciolsero e Icaro precipitò nell’oceano.

La NASA ha lanciato una sonda per studiare 
e svelare i segreti della nostra stella da una distanza record:
 appena sei milioni di chilometri.



La sonda è destinata a sfiorare il Sole arrivando a una distanza record di 6 milioni di chilometri 
Lanciata la sonda Parker Solar Probe della Nasa: è la prima destinata a sfiorare il Sole arrivando a una distanza record di 6 milioni di chilometri. Dopo il mancato invio della mattinata di sabato 11 agosto a causa di problemi tecnici, la nuova finestra di via è stata quella buona. La sonda è partita da Cape Canaveral alle 9:31 (ora italiana) con il razzo Delta IV Heavy: studierà la parte più esterna dell’atmosfera solare (corona) e le tempeste magnetiche, per prevederne le conseguenze su Terra e missioni spaziali. Grande quanto un’auto e pesante poco più di 600 chili, la sonda Parker sfreccerà nello spazio lungo un’orbita fortemente ellittica e raggiungerà una velocità di oltre 600.000 chilometri orari, diventando il veicolo spaziale più veloce della storia.

Secondo il mito greco, insieme a suo padre Dedalo, Icaro fu il primo uomo in grado di volare. Sapeva che le sue ali fatte di cera e piume erano molto fragili, eppure, trasportato dall’euforia, si avvicinò troppo al Sole. A causa dell’eccessivo calore le ali si sciolsero e Icaro precipitò nell’oceano.

Questa estate, impugnando uno scudo di carbonio altamente tecnologico, la Parker Solar Probe (PSP) ripeterà l’impresa tentando di riuscire dove Icaro ha fallito.

La sonda spaziale della NASA viaggerà verso il Sole con l’obiettivo di scardinare i segreti nascosti nella corona solare, la regione più esterna e misteriosa del corpo celeste. Prima d’ora nessuna missione si era spinta a orbitare così vicino alla stella. Nel suo lungo viaggio in cerca di risposte la Parker Solar Probe sarà costretta a sfidare i venti e le tempeste solari, dovendo fare i conti con temperature che arriveranno fino a 1.377 °C.

I venti solari
Poiché il Sole è la stella più vicina a noi è anche quella su cui abbiamo più informazioni. Eppure molti aspetti del nostro corpo celeste devono ancora essere compresi. In questa missione la PSP avrà tre obiettivi di studio principali: indagare l’attività dei venti solari, capire la natura delle tempeste che avvengono sulla superficie e risolvere i dubbi circa la temperatura insolitamente alta della corona solare.

Anche se potrebbero sembrare fenomeni remoti, i venti e le tempeste solari irradiano costantemente tutto il sistema solare. Quando i flussi di elettroni, ioni e altre particelle arrivano nella nostra atmosfera possono anche provocare alterazioni nei campi magnetici della Terra. Uno degli scopi di questa missione sarà proprio cercare di capire meglio le dinamiche di questi eventi e riuscire a trovare una spiegazione all’elevata velocità dei flussi di particelle che generano.

Il primo scienziato a ipotizzare l’esistenza dei venti e delle tempeste solari fu Eugene Parker. Il suo lavoro, pubblicato nel 1958, ha rappresentato un passo in avanti fondamentale per la comprensione delle atmosfere delle stelle. La NASA ha deciso di ringraziare Parker per i suoi studi e, per la prima volta nella sua storia, ha rinominato la missione (chiamata in precedenza Solar Probe Plus) in onore di uno scienziato ancora in vita.

Il mistero della corona
Un altro grande mistero che non finora non ha trovato soluzione è quello dell’eccessiva temperatura della regione più esterna del Sole, la corona solare.

“Quando ci allontaniamo progressivamente da un fuoco –  ha raccontato lo scienziato Alex Young durante la sessione live della NASA lo scorso 20 luglio -, ci aspetteremmo di trovare un ambiente via via più freddo. Questo però non avviene sul Sole; se, infatti, ci troviamo sulla sua superficie avremo una temperatura di circa 10.000 gradi °C. Se ci spostiamo velocemente verso la corona (quindi più esternamente) ci troveremo inaspettatamente a dover fare i conti con una temperatura di milioni di gradi”.

Nella corona solare, infatti, vengono raggiunte temperature anche 300 volte maggiori di quelle registrate nella fotosfera. Perché questo accada non è ancora del tutto chiaro. Gli scienziati hanno fornito diverse ipotesi senza aver mai trovato delle conferme empiriche che le  confermassero. Avvicinandosi fino a sfiorare la corona del Sole, la PSP potrà finalmente risolvere questo mistero.

La sonda partirà dal Kennedy Space Center in Florida a bordo di un Delta IV-Heavy, uno dei razzi più potenti al mondo. La finestra temporale prevista per l’accensione dei motori va dal 31 luglio al 19 agosto. La NASA ha però fatto sapere che se non si verificheranno imprevisti la PSP lascerà la Terra l’11 agosto.

Una volta superata l’atmosfera terrestre la PSP si dirigerà verso Venere raggiungendo il pianeta per la prima volta il 28 settembre, cioè circa dopo sei settimane. Questo primo incontro è così importante per la missione che la NASA ha programmato il lancio in modo da poter sfruttare la posizione favorevole in cui il pianeta si troverà questa estate.

“Venere è veramente importante per noi e ci darà una mano con la sua assistenza gravitazionale che, questa volta, verrà sfruttata in un modo un po’ diverso rispetto alle altre missioni”, ha detto durante la live Nicola Fox, direttrice del reparto scientifico della missione. “Noi non dovremo aumentare la velocità della sonda; proprio come succede a un’auto che fa una curva col freno a mano, la nostra sonda rallenterà la sua corsa cedendo generosamente energia a Venere che, in cambio, assesterà in modo significativo la nostra traiettoria”.

Dopo aver superato Venere la sonda girerà una prima volta intorno al Sole, raggiungendo il perielio il 1 novembre 2018.

Continuando nella sua orbita, la PSP batterà il record di velocità stabilito dalla sonda Juno toccando i 700.000 km/h. A questa andatura potrebbe ipoteticamente arrivare da Roma a Firenze in 1,2 secondi, o dalla Terra alla Luna in circa mezz’ora.

Anche a questa velocità dovremo comunque aspettare 6 anni per avere le migliori immagini del Sole. Durante questo periodo la sonda continuerà a viaggiare nel sistema solare avvicinando sempre di più la propria orbita. Finalmente, alla ventiduesima rivoluzione sarà a soli 6 milioni di chilometri dalla superficie solare. Sette volte più vicino di quanto ogni altra sonda si sia mai avventurata.

Come fa la sonda a non fondersi?
Durante i periodi in cui l’orbita sfiora il Sole, l’energia irradiata dalla stella basterebbe a fondere immediatamente qualsiasi strumentazione. Ecco perché la Parker Solar Probe avrà bisogno, oltre a un sistema di raffreddamento ad acqua, anche di uno speciale scudo termico. Questo dovrà rivolgersi sempre verso la stella per riflettere il calore e schermare la sonda. Lo scudo termo protettore è composto di carbonio e aria ed è spesso solamente 11,5 centimetri. Tutto il resto delle apparecchiature si nasconderà nella zona d’ombra dietro la protezione senza mai superare la temperatura di 30 °C.

Visto l’ambiente estremo in cui si troverà la sonda anche pochi gradi d’errore nell’inclinazione dello scudo di carbonio potrebbero significare il fallimento della missione. In questa situazione dalla Terra nessuno potrebbe intervenire, visto che la segnalazione del problema impiegherebbe quasi otto minuti per arrivare dalla sonda ai Computer della NASA. In altre parole, la PSP dovrà gestire la situazione autonomamente. Per far sì che questo possa accadere, gli ingegneri della NASA hanno progettato un software in grado di controllare l’inclinazione della lastra di carbonio in modo autonomo a seconda dei contesti in cui si troverà.

Hot Ticket – Un biglietto incandescente
Andare sul Sole è difficile. Anche un prodigio di tecnologia come la Parker Solar Probe potrebbe vacillare e aver bisogno di un aiuto. Per sua fortuna, a fare il tifo per la sonda e a supportarla da vicino in ogni istante del viaggio ci saranno oltre un milione di persone. Sono quelli che hanno avuto la possibilità di partecipare a questa missione grazie alla campagna “Hot Ticket”. Inviando la propria candidatura entro il 27 aprile 2018 era possibile vincere un biglietto di sola andata sul Sole. La campagna ha raccolto esattamente 1.137.202 nomi di volontari che andranno, anche se solo simbolicamente, a far visita alla nostra stella.

Sul supporto di memoria, oltre alla lista di sostenitori della missione, la sonda porterà con se anche l’articolo in cui comparve la prima ipotesi dell’esistenza dei venti solari fatta da Eugene Parker. Proprio allo scienziato che dà il nome alla missione è dedicata anche la targa su cui è incastonata la memory card.

Vediamo cosa ci aspetta
“La missione Parker Solar Probe è dedicata al dottor Eugene Parker i cui fondamentali contributi hanno rivoluzionato la nostra conoscenza del Sole e del vento solare” recita la targa bianca posizionata su un fianco della sonda.

Questa conoscenza però non è completa. Sono ancora molti gli aspetti del Sole che non comprendiamo. Grazie a questa missione, però, non approfondiremo soltanto ciò che sappiamo della stella a noi più vicina ma impareremo un po’ di più anche delle altre stelle dell’universo. “La Parker Solar Probe è una missione per tutta l’umanità”, ha detto in chiusura della conferenza Thomas Zurbuchen, il responsabile della direzione delle missioni scientifiche della NASA. “E aiuterà a capire meglio l’ambiente in cui si muoveranno le future missioni verso la Luna, Marte e oltre”.

La sonda terminerà la sua corsa nel 2025, quando non sarà più in grado di gestire l’inclinazione del sistema riflettente. Il calore inizierà a fondere parte della struttura e, lentamente, si avvicinerà sempre più alla corona, fino a diventare parte di essa.

La targa in memoria di Eugene Parker termina con uno dei motti preferiti dello scienziato, diventato anche quello della missione: “let’s see what lies ahead”, vediamo cosa ci aspetta.




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venerdì 3 agosto 2018

Apple: come è nato il logo con la mela morsicata?


la stessa mela mordicchiata alludeva al peccato originale, a sottolineare l’anticonformismo della Apple


Il logo della Apple fu disegnato nel 1977 dal grafico Rob Janoff. 
Ecco come nacque l'idea e che cosa significa.

Il primo logo della Apple Computer rappresentava Isaac Newton seduto sotto a un albero di mele e fu disegnato nel 1976 da un ex socio di Steve Jobs (quest’ultimo pare avesse una gran passione per le mele, da qui il nome scelto per la società). Il disegno in questione, dalla grafica particolareggiata e poco accattivante, non soddisfò mai Jobs, che nel 1977 commissionò
 al grafico Rob Janoff una nuova immagine.

Questi ideò allora il logo della mela morsicata. Tra l’altro, la parola morso - in inglese bite - bene si abbinava ai bit e ai byte del linguaggio informatico, 
e la stessa mela mordicchiata alludeva al peccato originale,
 a sottolineare l’anticonformismo della Apple.


COLORI. All’inizio Janoff tratteggiò una mela monocromatica, ma Jobs la volle colorata, poiché il modello che proponeva in quel momento, l'Apple II, si presentava con una innovativa interfaccia a colori. Il designer arricchì quindi il logo con una serie multicromatica di bande orizzontali, come un arcobaleno, e tale immagine rimase immutata fino al 1998, quando si tornò al colore unico.



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mercoledì 1 agosto 2018

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