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domenica 7 febbraio 2021

Draghi cambia schema e Salvini ci Casca

Draghi cambia schema e Salvini ci Casca

Raramente mi trovo in disaccordo con Giovanni Orsina, uno dei più fini analisti delle vicende politiche italiane. Ma per una volta, mi sia permesso di avere qualche dubbio sulla sua analisi consegnata a Federica Fantozzi qualche giorno fa per queste pagine. Aver individuato un problema nella cosiddetta “sindrome delle fogne e del Papeete”, che avrebbe tenuto la destra lontana da Mario Draghi, ha sottovalutato secondo me il punto importante delle nostre ultime vicende politiche.

Che abbraccia la destra come la sinistra. Forse è troppo facile dirlo oggi, dopo “il contropiede del Capitano” di ieri, che ha spiazzato prima di tutto le forze di sinistra. Credo, tuttavia, che il problema sia più a fondo e anche, per i suoi aspetti, sia strettamente politico (pur non essendo irrilevante, ovviamente, che ci sia anche una questione sostanziale, in questo momento, che è mettere in salvo l’Italia con le scelte e la persona giusta). Il fatto è che con Draghi è cambiato il metodo, e quindi lo schema di gioco, Il premier incaricato non si è infatti posto nell’ottica di costruire o allargare una maggioranza politica già esistente, ma ha impostato la partita a campo aperto e in un’ottica programmatica.

Mario Draghi si è proposto di ascoltare tutti, non porre veti, fare una sintesi e poi, come ha detto, … chi ci sarà ci sarà. È una impostazione fortemente deconflittualizzante, a cui i partiti italiani non sono forse ancora preparati. Porre veti, come in vario modo hanno fatto le sinistre e Giorgia Meloni, o stilare una sorta di miniprogramma (fra l’altro bizzarro e all’insegna delle “fragole che sono mature”) come ha fatto Beppe Grillo, era perciò fuori luogo prima che errato. Significava non aver capito lo spirito in cui ci si deve muovere. Il merito di Matteo Salvini è perciò non di aver fatto chissà quale palinodia cambiando posizione e accenti rispetto al passato quanto di essere entrato in sintonia, insieme a pochi altri, col metodo e con lo schema di gioco impostato da Draghi.

E che fra l’altro corrisponde allo “spirito pubblico” attualmente dominante fra gli italiani che non è più quello di tre anni fa (e di cui un leader con fiuto politico sa rendersi conto al volo). Certo, forse nel premier incaricato c’è anche la convinzione che non si possano tenere fuori le idee e le forze che rappresentano oggi la maggioranza del Paese, e che, se si andasse alle urne, probabilmente vincerebbero le destre. Di qui la necessità del metodo inclusivo. Fatto sta, che Salvini ha capito che l’altro tratto di strada lo doveva fare lui, e lo ha fatto. mentre Meloni ha preferito porre ancora veti e restare all’opposizione. Che sarà, come lei stessa dice, una opposizione responsabile e democratica, e quindi direi anche positiva e costruttiva per il sistema. È evidente che nella partita impostata da Draghi tutti perderanno politicamente qualcosa, a destra come a sinistra. Se ora i partiti si concentrassero tutti in un lavoro interno di ridefinizione, sia identitaria sia culturale, e cominciassero a tessere le fila per la formazione di una nuova classe dirigente, non solo non sarebbe male, ma sarebbe un altro miracolo compiuto da “super Mario”.
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