La
rivelazione dopo il pressing del comitato incaricato di monitorare da
vicino la 'riforma' della società proprietaria della centrale. Che ha
dichiarato: "Sapevamo dei rischi dal 2002, ma non ci siamo preparati in
anticipo per timore di creare ansie e dubbi nel Paese e per cercare di
risparmiare".
Il disastro nucleare di
Fukushima poteva essere evitato. A denunciarlo – per la prima volta – non è un’associazione ambientalista, ma la
Tepco,
proprietaria della centrale devastata. “Quando si guarda indietro
all’incidente, il problema è che non ci si era preparati in anticipo”.
La compagnia, insomma, avrebbe potuto prevenire la catastrofe. Come? Con
misure di sicurezza più adeguate. Le stesse che, ha
ammesso, si sarebbero dovute prendere ben prima: era dal 2002, infatti,
che si sapeva di dovere migliorare le difese dell’impianto. Ma non è
stato fatto. I motivi? La paura di sollevare nell’opinione pubblica
dubbi sull’
energia nucleare, dando così credito alle
lobby e ai movimenti che vi si opponevano. Ed ovviamente la necessità di
risparmiare sui costi. Rivelazioni scioccanti, giunte all’indomani
della prima riunione del panel di esperti impegnati a ‘riformare’ la
compagnia elettrica. Che, ora, potrebbero minare ulteriormente le basi di un’improbabile rinascita nucleare nipponica.
L’organo consultivo indipendente che sta esaminando il progetto di riforma interna della
Tokyo Electric Power Company
(Tepco) non fa sconti a nessuno. Tanto che, dopo avere ripetuto per un
anno e mezzo che le sarebbe stato impossibile prevedere o fronteggiare
fenomeni naturali estremi come lo tsunami che si è abbattuto lo scorso
anno sulla centrale di Fukushima Daiichi, il colosso energetico ha
dovuto ammetterlo: con i dovuti accorgimenti, si sarebbe potuto evitare
il peggio. Una rivelazione clamorosa, ma perfettamente in linea con il
punto di vista della commissione di indagine che, 5 mesi fa, parlando
addirittura di ‘collusione’ fra il mondo politico-industriale e la
stessa Tepco
aveva definito l’incidente nucleare un “frutto dell’azione umana”.
I timori legati al miglioramento della sicurezza della centrale, confessa la
task force interna
della compagnia, riguardavano soprattutto la possibilità di mettere in
evidenza i rischi delle centrali nucleari, avvantaggiando così la
concorrenza nel settore energetico e incoraggiando l’attivismo contrario
all’atomo. “C’era la preoccupazione che se la compagnia avesse
implementato un piano di intervento per gravi incidenti, si sarebbe
stimolata l’ansia nel Paese e nelle comunità più vicine alle centrali –
ha scritto l’unità di intervento – dando impulso al
movimento anti-nuclearista“.
Secondo gli esperti, inoltre, la compagnia avrebbe dovuto formare
meglio il proprio personale, piuttosto che disfarsi della necessità di
prepararlo a reagire ad eventuali disastri come di una mera ‘formalità’.
Non solo. Tepco avrebbe fatto meglio a non ignorare gli avvertimenti di
quei suoi stessi ingegneri che, già nel 2008, fecero presente che i 5,7
metri del muro che proteggeva
Fukushima Daiichi dalle
maree potevano non essere sufficienti. Profezia avveratasi 4 anni dopo,
quando un’onda di 14 metri ha investito la centrale. L’azienda, però, si
è rifiutata di migliorare le condizioni di un impianto così a rischio
anche per un altro motivo: il timore di dovere spendere troppo. Non solo
in termini di ristrutturazioni e migliorie, ammette oggi, ma anche di
noie legali, più che possibili nel momento in cui si fosse saputo che le precedenti misure di sicurezza non erano sufficienti.
Le incredibili ammissioni della Tepco sono arrivate dopo la prima
riunione del comitato incaricato di monitorare da vicino la sua ‘
riforma nucleare‘.
Un gruppo di esperti che, dopo questo incontro iniziale, ha deciso di
riunirsi ogni due o tre mesi per fare il punto della situazione. Ma
anche per proporre soluzioni a problemi che, a Fukushima, sono ben lungi
dall’essere risolti. Il comitato non si è dato una data prefissata per
il completamento della sua missione, ma se al suo primo incontro ha
portato Tepco ad ammettere pubblicamente l’inaudito, è probabile che più
avanti possa scoprire altre realtà scabrose. Sempre con un obiettivo:
fare in modo che di “incidenti di questo tipo non se ne verifichino mai
più”. Lo ha ribadito alla stampa giapponese
Dale Klein, ex capo della
US nuclear regulatory commission
e membro del comitato stesso: “E’ molto chiaro che sono stati fatti
degli errori”, ed 2è molto importante per Tepco riconoscere il bisogno
di una riforma”. Riforma a cui, però, la compagnia elettrica si è
sottoposta solo in seguito al suo salvataggio da parte del governo di
Tokyo.
Che, con un trilione di Yen, nei mesi scorsi le ha evitato la
bancarotta. Imponendole allo stesso tempo una completa revisione del suo
management e, appunto, del suo modo di operare.
di Andrea Bertaglio
Tratto da: ilfattoquotidiano.it
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