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lunedì 9 aprile 2018

Il Cervello non Invecchia Mai


continua a creare neuroni anche negli anziani

Ricercatori americani guidati da un’italiana hanno scoperto che il cervello degli anziani ha un numero di cellule progenitrici dei neuroni (e neuroni immaturi) simile a quello dei giovani. Ciò significa che può continuare a produrre nuove cellule anche in età avanzata.



Il cervello umano continua a produrre neuroni e a rigenerarsi anche durante la terza età, contrariamente a quanto si credeva fino ad oggi. Lo ha dimostrato un team di ricerca composto da studiosi del Dipartimento di Psichiatria dell'Università Columbia di New York e della Divisione di Imaging Molecolare e Neuropatologia presso il NYS Psychiatric Institute. Gli scienziati, coordinati dall'italiana Maura Boldrini, sono giunti a questa conclusione dopo aver condotto approfonditi esami autoptici sul cervello di 28 persone con un'età compresa tra i 14 e i 79 anni, tutte perfettamente sane prima di morire improvvisamente (per incidenti e altre cause).

Boldrini e colleghi si sono concentrati sul giro dentato dell'ippocampo, una parte del cervello collegata al sistema limbico che gioca un ruolo fondamentale nella memoria, nella navigazione spaziale e nel controllo delle emozioni in risposta allo stress. Osservando il tessuto cerebrale hanno rilevato in tutti i cervelli un numero simile di cellule progenitrici dei neuroni e migliaia di neuroni immaturi, oltre che un volume simile del giro dentato. Ciò significa che se una persona anziana gode di buona salute, senza soffrire di compromissione cognitiva e patologie neuropsichiatriche, può ‘rigenerare' il suo cervello come un giovane. A maggior ragione se mantiene il cervello ‘allenato', fa attività fisica e coltiva interazioni sociali, che tengono a bada il declino cognitivo.



Le uniche differenze riscontrate dai ricercatori risiedono nella vascolarizzazione, con un numero inferiore di vasi sanguigni nelle persone anziane, e nella cosiddetta “neuroplasticità”, a causa di una proteina – chiamata Psa-Ncam – le cui concentrazioni risultano superiori nei giovani. Probabilmente sono questi due elementi a influenzare il declino di alcune funzioni cerebrali negli anziani, ma la neurogenesi – cioè la produzione di neuroni – resta inalterata. Si tratta di una caratteristica esclusiva del cervello dell'essere umano, dato che non è stata osservata in quello dei primati e dei roditori. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cell Stem Cell.



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venerdì 6 aprile 2018

Fabrizio Corona perde contro il Fisco


dovrà versare vecchie imposte evase

 Fabrizio Corona ha perso una delle sue battaglie con il Fisco. La Cassazione ha infatti accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate contro l’ex fotografo da poco uscito dal carcere e assegnato in affidamento terapeutico presso una comunità di recupero, stabilendo la validità degli avvisi di accertamento per evasione delle imposte dirette e dell’Iva nel periodo 2004-2005 in relazione ai conti della sua società fotografica, la “Corona’s” finita in dissesto e con i creditori alle porte. La Suprema Corte, con il verdetto 8132 depositato ieri, ha dato ragione al fisco contro la sentenza della Commissione tributaria di Milano del 2015 che aveva annullato gli avvisi di accertamento perché non erano stati notificati a Corona, ma solo al curatore fallimentare 
che non aveva fatto opposizione alle cartelle.

Nel verdetto, gli “ermellini” sottolineano che Corona non aveva alcuna «legittimazione» come ex legale rappresentante della sua società - «contribuente fallita» - a fare ricorso contro gli avvisi di accertamento, dal momento che dal curatore fallimentare era venuta «una esplicita presa di posizione negativa circa la utilità per la massa dei creditori di promuovere la lite fiscale» per l’evasione delle imposte del 2004-2005. Accogliendo il ricorso del fisco, i supremi giudici hanno condannato Corona al pagamento di 13mila euro per le spese del giudizio di Cassazione e hanno affermato la piena e definitiva validità di quegli avvisi di accertamento che, quindi, dovranno essere pagati e la cui entità non è nota. Corona, intanto, attende l’udienza fissata il prossimo 19 giugno davanti al tribunale di sorveglianza per sapere se i giudici annulleranno, come richiesto dal suo legale, una revoca dell’affidamento in prova disposta nell’ottobre del 2016 quando fu arrestato per i soldi nascosti nel controsoffitto. Nella stessa udienza si deciderà anche se confermare o meno l’affidamento terapeutico ottenuto lo scorso 21 febbraio, mentre il tribunale sezione misure di prevenzione dovrà decidere sulla confisca dei soldi e dell’appartamento sequestrati a Corona.




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martedì 3 aprile 2018

Italia Senza Migranti sarebbe un Paese più povero e anziano


Bankitalia DICE:
Senza migranti l'Italia sarebbe un Paese più povero e anziano. 

"Negli ultimi venticinque anni e con ogni probabilità nel futuro, la demografia ha dato e darà un contributo diretto sensibilmente negativo alla crescita economica". L'allarme è contenuto in un Occasional Paper della Banca d'Italia, secondo cui "i flussi migratori previsti limiteranno l'ampiezza di tale contributo negativo", anche se "non saranno in grado di invertirne il segno".

Di qui l'invito dei tre curatori dello studio - Federico Barbiellini Amidei, Matteo Gomellini e Paolo Piselli - a intervenire su estensione della vita lavorativa, aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e incremento nei livelli di istruzione per "contrastare i puri effetti contabili legati all'evoluzione nella struttura per età".

Il contributo alla crescita economica della modifica nella composizione per età della popolazione, affermano i ricercatori, "può essere significativo. Paesi la cui popolazione mostra, ad esempio, una quota di giovani in crescita hanno le potenzialità per raccogliere un dividendo dall'evoluzione demografica attraverso l'aumento dell'offerta di lavoro per quantità e qualità.

Gli aumenti della popolazione giovane in età da lavoro, influiscono anche sulla composizione per età degli occupati producendo, oltre agli effetti diretti sulla crescita economica attraverso l'aumento dei tassi di occupazione e l'incremento dei livelli di efficienza, effetti indiretti sulla dinamica della produttività innanzitutto attraverso l'impatto sull'innovazione sull'innovazione e l'imprenditorialità.

La flessione nei dependency ratio (rapporto tra la popolazione in età non lavorativa e la popolazione in età lavorativa) ha di per sè effetti benefici sulla crescita economica.

L'Italia", rileva lo studio, "è tra i paesi sviluppati che si trovano oggi a fronteggiare uno scenario demografico il cui impatto sulla crescita del prodotto pro capite nei prossimi decenni sarà negativo".

Per più di un secolo dall'Unità, la percentuale di popolazione anziana (oltre i 64 anni), pur crescendo, si è attestata in Italia su livelli inferiori alla metà della popolazione più giovane (con meno di 15 anni). A partire dal secondo dopoguerra, ma soprattutto dalla fine degli anni Ottanta, si assiste a un progressivo mutamento strutturale che ha condotto la popolazione più anziana a superare quella più giovane alla fine del XX secolo, fino a divenire pari al 165 per cento
 della popolazione tra 0- 14 anni nel 2017.

Le prospettive per il prossimo cinquantennio, afferma lo studio, sono di un'ulteriore crescita del rapporto, mentre l'età media della popolazione salirà di oltre 5 anni tra il 2017 e il 2061, passando da 44,9 a 50,2. La quota di popolazione in età da lavoro ha raggiunto un massimo del 70 per cento all'inizio degli anni '90; negli ultimi venticinque anni ha cominciato a flettere e, sulla base delle previsioni, continuerà a ridursi nel prossimo cinquantennio fino a scendere sotto il minimo storico (59 per cento registrato nel 1911) dopo il 2031.

Se scomponiamo questa quota per cittadinanza, circa un quarto della popolazione in età da lavoro sarà costituita nel 2061 da cittadini stranieri. In uno scenario limite in cui non ci fossero residenti con cittadinanza straniera, nel 2061 la quota di popolazione in età 15-64 anni sul totale della popolazione, prevista pari al 55 per cento, scenderebbe a poco più del 40 per cento.

Gli sviluppi demografici sarebbero dunque stati ancor più penalizzanti per l'Italia se non fosse intervenuto negli ultimi 25 anni un significativo flusso migratorio in entrata. "Oggi, come ieri", sottolineano i tre ricercatori della Banca d'Italia, "la maggior parte dei migranti è rappresentata da individui in età lavorativa" e "i paesi che ricevono i flussi migratori vedono aumentare quindi la quota di popolazione in età lavorativa e ridursi il dependency ratio della popolazione più anziana. Inoltre", aggiunge lo studio, "le migrazioni, modificando il tasso medio di fertilità, possono avere un ulteriore impatto (ritardato) su dimensione e struttura per età della popolazione".

Particolarmente importante è risultato il contributo dei migranti alla crescita del Pil nel decennio 2001- 2011: la crescita cumulata è stata positiva per 2,3 punti percentuali mentre sarebbe risultata negativa e pari a -4,4 per cento senza l'immigrazione. Il Pil pro capite senza la componente straniera avrebbe subito nel decennio 2001-2011 un calo del 3 per cento, invece del -1,9 per effettivamente registrato. Ancora significativo è risultato il contributo della popolazione straniera per l'ultimo quinquennio, quello della della crisi: la flessione del Pil pro capite (-4,8 per cento) sarebbe stata nello scenario controfattuale di assenza della popolazione straniera più severa (-7,4 per cento).

Passando ad analizzare i potenziali effetti dell'evoluzione demografica futura sulla crescita economica, lo studio sottolinea che "l'effetto meccanico delle dinamiche demografiche determinerebbe in 45 anni un calo del Pil del 24,4 per cento rispetto ai livelli del 2016 e del 16,2 per cento in termini pro capite (-0,4 medio annuo), a parità di altre condizioni".

Per compensare il contributo negativo della demografia, in modo da mantenere il reddito reale pro capite sui livelli attuali, la produttività dovrebbe crescere a un ritmo dello 0,3 per cento all'anno. "Una dinamica apparentemente modesta ma superiore a quella pressoché nulla registrata dall'inizio del nuovo secolo", fanno notare i ricercatori. Se poi si azzerassero i flussi migratori futuri e la componente di popolazione straniera già residente in Italia al 2016 assumesse parametri demografici identici a quelli dei nativi italiani il risultato sarebbe devastante.

"Il livello del Pil aggregato risulterebbe dimezzato con un calo del 50 per cento. Il livello del reddito pro capite nel 2061 risulterebbe inferiore di un terzo rispetto al livello del 2016. Per compensare la diminuzione del reddito pro capite, la produttività dovrebbe crescere allo 0,64 per cento all'anno. Secondo i tre studiosi di via Nazionale, soltanto "risposte comportamentali e modifiche istituzionali potranno mitigare le conseguenze economiche negative di una popolazione più anziana, controbilanciando la tendenza alla riduzione della forza lavoro".

E tre sono i "motori" più importanti in questa direzione: "L'allungamento della vita lavorativa, l'aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e l'evoluzione nella dotazione di capitale umano della forza lavoro". L'estensione della vita lavorativa fino a 69 anni, ad esempio, ridurrebbe di sette punti percentuali la flessione del Pil pro capite (-9,2% rispetto a -16,2%) dovuta all'evoluzione demografica sull'orizzonte 2016-2061.

Portare il tasso di occupazione al 70% per gli uomini e al 60% per le donne come previsto dall'Agenda di Lisbona conterrebbe al 2,9% il calo del Pil pro-capite. Attraverso un aumento del livello medio di istruzione per occupato tale per cui l'Italia raggiungerebbe nel 2061 il livello che la Germania avrebbe nel 2040 (14,3 anni), infine, il Pil pro capite aumenterebbe di quasi 10 punti percentuali rispetto al livello attuale. 

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