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lunedì 20 settembre 2021

83 Femminicidi in Italia avvenuti in Ambito Familiare

83 Femminicidi in Italia avvenuti in Ambito Familiare



Sette donne uccise negli ultimi dieci giorni. Sono i drammatici dati di un 2021 che conta, negli ultimi 365 giorni, 83 femminicidi, quasi tutti avvenuti in ambito familiare.

Il report del Viminale, che il 12 settembre scorso contava 81 vittime si aggiorna con altri due omicidi, l’ultimo dei quali avvenuto oggi nel Vicentino. Dei 199 delitti commessi da gennaio ad oggi, 83 sono donne e oltre la metà sono state uccise dal partner o da un ex. Il 13 settembre Giuseppina Di Luca, 47 anni, è stata uccisa a coltellate dal marito che non voleva accettare la separazione. Il corpo della donna è stato trovato in una pozza di sangue sulle scale di casa ad Agnosine, paese della Valsabbia in provincia di Brescia. 

Oggi, invece, una 21 enne, Alessandra Zorzin sposata e con una figlia di due anni, è stata uccisa a colpi di pistola nel suo appartamento a Montecchio Maggiore, nel Vicentino. Con questi ultimi due efferati delitti, il numero dei femminicidi in Italia da gennaio ad oggi si appresta a raggiungere quello dello stesso periodo del 2020 quando si erano registrate 84 vittime e 116 in tutto l’anno.

 Il fenomeno della violenza di genere è ormai da tempo un’emergenza sociale. Nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto all’anno precedente, sia per telefono, sia via chat (+71%). Con un boom da fine marzo, in corrispondenza del lockdown scattato per la pandemia. Guardando più indietro, il 2018 si è chiuso con 141 donne vittime di omicidio volontario, e il 2019 con 111, l’88,3% delle quali uccise da una persona conosciuta: quasi metà dal partner, l'11,7%, da un uomo con cui erano state in passato, il 22,5% da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e il 4,5% da un conoscente, un amico o un collega.

83 Femminicidi in Italia avvenuti in Ambito Familiare

Femminicidio: bisogna che decidiamo se chi attenta alla vita di una donna è un Criminale o un Malato. E di guardare in faccia alle conseguenze di ciò che succede se lo trattiamo come un criminale e basta.
I fatti ci dicono che, finché consideriamo l’uomo un criminale potenziale e usiamo solo misure di controllo e i cosiddetti ordini restrittivi, e mettiamo a disposizione delle donne centri di protezione e di denuncia, il risultato è l’esatto contrario dell’atteso: la mente dell’uomo diventa ancora più perfida e determinata e niente e nessuno riesce a controllarlo 24 ore su 24 fino a mettere in atto
 il suo piano di sopprimere l’altra persona.
Se invece cominciamo a pensare che la mente dell’uomo che attenta alla vita di una donna è una mente malata, in preda a un’idea ossessiva devastante, allora è possibile cercare altre soluzioni per porre rimedio ad una escalation drammatica. Occorre creare dei centri di salute pubblica per aiutare questi uomini o su loro richiesta o su ordini giudiziari che obblighino l’uomo non a una restrizione inutile, ma a una psicoterapia obbligatoria che lo liberi dalla sua ossessione aggressiva. Mi rendo conto che fare proposte simili in un tempo in cui i servizi pubblici di salute mentale sono diventati puri presidi farmacologici, incapaci di offrire psicoterapie lunghe e qualificate, può essere utopico. Ma oggi un trattamento psicoterapeutico se lo può permettere solo chi è ricco: in questo Paese dopo il 2000 la medicina è tornata a essere una medicina di classe, anche per altre specialità. E le denunce di Cancrini e di Ammaniti si sono perse nel vuoto, dato che la questione non porta voti. Continuare però a lamentarsi dei femminicidi senza andare al cuore del problema, però, è come lamentarsi dei talebani chiudendo occhi e portafoglio. È pura ipocrisia.


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